25 aprile: la memoria della Liberazione e la libertà dentro di noi
- Carlo Trionfi
- 18 apr
- Tempo di lettura: 3 min
Il 25 aprile è una data fondamentale per la storia italiana. È il giorno in cui, nel 1945, l’Italia si è liberata dal nazifascismo, mettendo fine a un periodo di oppressione, paura e violenza. È il giorno della Resistenza, della voce che si alza contro il sopruso, della conquista — faticosa e collettiva — della libertà.
Ricorrenze come questa portano alla luce l’importanza e la centralità del ricordo: la Resistenza non è soltanto un patrimonio storico, ma un'eredità emotiva e culturale che ci forma come comunità. Ricordare significa mantenere vivo il senso di ciò che è stato conquistato, delle sofferenze affrontate e delle scelte compiute. Si tratta di qualcosa che ha a che fare con il tema della memoria collettiva, ossia con il modo in cui ricordiamo e trasmettiamo la nostra storia: al suo interno, ritroviamo un patrimonio condiviso di esperienze, emozioni, narrazioni, simboli e immagini che creano un distacco rispetto al semplice fatto introducono una dimensione aggiuntiva, composta da valori e ideali. Si parla di libertà, dignità, solidarietà, alleanza, resilienza (…). A livello collettivo, ricordare ci permette di non ripetere gli stessi errori e di costruire un'identità più consapevole.
La Liberazione, però, non è solo un evento del passato: è un simbolo vivo, che ci invita ancora oggi a interrogarci su cosa significhi liberarsi, nel profondo delle nostre vite personali e collettive. Il significato storico della Liberazione è infatti strettamente connesso e intrecciato a quello psicologico, perché in psicologia liberarsi significa riconoscere e sciogliere i vincoli interiori che limitano la nostra libertà di essere. La parola "liberazione" richiama il cammino di consapevolezza necessario per riconoscere ciò che ci limita: traumi, schemi ripetitivi, paure interiorizzate, ruoli che non ci appartengono più. Spesso, ciò che ci imprigiona non è immediatamente visibile ma è nascosto nei modelli che abbiamo appreso, nelle emozioni non dette, nei condizionamenti tramandati. Allo stesso modo, così come la Resistenza ha rappresentato una presa di posizione collettiva contro l’oppressione esterna, il percorso psicologico rappresenta una resistenza interna contro ciò che ci impedisce di vivere pienamente. È un atto rivoluzionario, anche se silenzioso: resistere all’autosvalutazione, alla paura del giudizio, al senso di colpa ereditato, all’inerzia delle abitudini che non ci somigliano più.
Liberarsi, sul piano psicologico, non significa dimenticare il passato, ma guardarlo con occhi nuovi, comprenderne le tracce, integrarlo in una narrazione più autentica e libera. Ed è qui che la memoria collettiva e quella personale si incontrano: entrambe hanno bisogno di essere riconosciute, ascoltate, elaborate. Entrambe possono diventare risorse, anziché prigioni.
In fondo, la Liberazione ci ricorda che la libertà è anche la possibilità di riscrivere la propria storia – non per negarla, ma per darle un significato più vero, più nostro. E quando lo facciamo, non ci liberiamo solo per noi stessi, ma anche per chi verrà dopo: spezzando catene, apriamo passaggi. Celebrare il 25 aprile, allora, può diventare anche un invito interiore: a riconoscere le nostre gabbie invisibili, ad ascoltare la memoria che ci abita, e ad avere il coraggio – piccolo o grande – di iniziare a trasformarla.
Infine, non dobbiamo scordarci la libertà non è mai un bene scontato. È un equilibrio delicato che va custodito, alimentato, rinnovato. Viviamo in un tempo in cui nuove forme di oppressione si manifestano in modi più subdoli: isolamento sociale, disinformazione, odio online, perdita di senso, standard irraggiungibili che ci fanno sentire inadeguati. Anche qui serve vigilanza, coscienza critica, responsabilità individuale e collettiva.
Essere liberi, oggi, può voler dire avere il coraggio di pensare con la propria testa, di coltivare il dubbio, di scegliere relazioni autentiche, di costruire comunità che accolgono invece di escludere. Significa anche dare voce a chi non ce l’ha, riconoscere i privilegi, farsi carico delle fragilità proprie e altrui. La libertà non è un diritto da esercitare solo per sé, ma una possibilità da estendere agli altri: ogni giorno, in ogni gesto, anche il più semplice.
E allora, che il 25 aprile non sia solo una ricorrenza da ricordare, ma una scelta da onorare, nel modo in cui viviamo, ascoltiamo, cambiamo. Dentro e fuori di noi.

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