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L’importanza del gioco nella terapia: un ponte tra mondo interno e relazione

  • Immagine del redattore: Carlo Trionfi
    Carlo Trionfi
  • 5 giu
  • Tempo di lettura: 3 min

Il gioco è una delle forme primarie di comunicazione per i bambini: nel lavoro clinico, rappresenta un linguaggio alternativo alla parola che consente l’espressione del loro mondo interno e permette loro di rappresentare e modulare vissuti emotivi complessi in una forma accessibile, protetta e non giudicante. Proprio per questo motivo, rappresenta uno strumento terapeutico prezioso: i bambini, soprattutto in età prescolare o scolare, non hanno ancora sviluppato pienamente le capacità cognitive, linguistiche e metacognitive necessarie per raccontare ciò che provano in modo chiaro e diretto. Attraverso simboli, personaggi e storie, possono tuttavia esprimere emozioni, desideri, paure e conflitti che non riuscirebbero ancora a verbalizzare. In questo senso, il gioco svolge una funzione simile al linguaggio negli adulti: dà forma all’esperienza, la rende condivisibile e trasformabile. Inoltre, giocando, il bambino si sente attivo, coinvolto e valorizzato – elementi fondamentali per creare una relazione terapeutica di fiducia.

 

In cosa risiede il valore del gioco in terapia?

Il valore del gioco in ambito terapeutico risiede nel fatto che non è solo attività, ma espressione. Il gioco permette al bambino di dare forma concreta a vissuti emotivi, esperienze, pensieri che non può o non sa esprimere a parole.

È un linguaggio simbolico, ma anche corporeo, emotivo, relazionale. Il gioco permette al bambino di esplorare il proprio mondo interno: attraverso storie, personaggi, costruzioni o semplici gesti, mette in scena dinamiche familiari, scolastiche o sociali che lo preoccupano, lo confondono o lo fanno soffrire. Ciò che non riesce a raccontare direttamente prende forma nel gioco, in una modalità protetta, indiretta ma estremamente significativa. Il gioco è inoltre uno strumento prezioso per rielaborare vissuti difficili, inclusi eventi traumatici. Grazie alla sua dimensione simbolica, il bambino può rivivere esperienze dolorose senza esserne sopraffatto, potendo così trasformarle, rinarrare ciò che è accaduto e attribuirvi un nuovo significato, meno minaccioso. Sul piano dello sviluppo emotivo, poi, il gioco consente al bambino di riconoscere e regolare le proprie emozioni, sviluppando nel tempo una maggiore consapevolezza di sé. Giocando, può sperimentare e dare voce alla rabbia, alla paura, alla tristezza o alla gioia, senza essere giudicato, in un contesto accogliente. Questo processo lo aiuta anche ad allenare l’empatia, a capire il punto di vista dell’altro e a consolidare la propria identità. Infine, giocare significa esercitarsi alla vita: nel gioco il bambino può sperimentare ruoli diversi, mettersi nei panni di chi ha più potere, cambiare le regole, vincere o perdere, trovare soluzioni creative a situazioni difficili. In questo modo impara a tollerare l’incertezza, ad affrontare l’ansia e a sviluppare strategie più adattive che potrà poi trasferire nel mondo reale.

 

Quali emozioni possono essere espresse attraverso il gioco?

Il bambino può esprimere un’ampia gamma di emozioni attraverso il gioco, tra cui:

  • Paura: creando mostri, scenari di pericolo, animali aggressivi – si confronta con l’ignoto o con esperienze traumatiche.

  • Rabbia: giochi distruttivi, lotte tra personaggi, rottura di oggetti – può mostrare aggressività repressa o reazioni a frustrazioni.

  • Tristezza e solitudine: personaggi isolati, scene di abbandono – esprimono lutti, separazioni, esclusioni.

  • Gelosia e rivalità: giochi familiari con fratellini o genitori, conflitti tra personaggi – rivelano tensioni nel sistema affettivo.

  • Desiderio di riparazione: il bambino può “curare” pupazzi, aggiustare giochi, proteggere – indicando un bisogno di ricucire relazioni o riparare traumi.

Spesso queste emozioni sono sottintese, agite, proiettate su oggetti o personaggi. Il terapeuta, con sensibilità e rispetto, osserva, partecipa, interpreta – sempre nel rispetto del tempo del bambino.

 

In conclusione

Giocare in terapia significa ascoltare il bambino nel suo linguaggio più autentico. Il gioco apre varchi dove le parole mancano, cura dove l’esperienza ha ferito, costruisce legami dove c’erano fratture. Per questo, lo spazio del gioco non è solo “tempo libero”, ma tempo profondamente significativo, dove il bambino può crescere, riconoscersi e trasformarsi.



 

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