L'esperimento sociale di Squid Game: come l'anonimato ci trasforma
- Carlo Trionfi
- 16 gen
- Tempo di lettura: 4 min
Il fenomeno Squid Game continua a far parlare di sé. Giunta alla seconda stagione, questa serie tv ha catturato l'attenzione del pubblico mondiale con la sua trama cupa e avvincente. Nello specifico, la storia narrata ruota attorno alle azioni compiute da un gruppo di individui, che, spinti dalla disperazione e dalla necessità di riscatto, si ritrova coinvolto in una macabra competizione, composta da giochi innocui che si trasformano in sfide mortali, con un unico obiettivo: vincere un'ingente somma di denaro per cambiare radicalmente la propria vita.
La serie tv esplora così le profondità dell'animo umano attraverso la narrazione di una concorrenza spietata. I giochi mortali a cui vengono sottoposti i partecipanti infatti mettono a nudo le loro debolezze, le paure e le ambizioni più profonde: i personaggi si trovano infatti a dover compiere scelte difficili che mettono in discussione i loro valori, in un contesto in cui la moralità viene messa a dura prova: spesso infatti sono costretti a confrontarsi non solo con gli avversari, ma con i propri limiti morali e psicologici.
In Squid Game i personaggi si trovano di fronte a scelte in cui il bene altrui entra in conflitto con il proprio interesse e in cui il dominio della violenza emerge mettendo alla prova la resistenza emotiva di ciascuno, fino allo sviluppo di un vero e proprio processo di deindividuazione.
Il concetto di "deindividuazione" ha radici profonde nella psicologia sociale. Introdotto da Gustave LeBon alla fine del XIX secolo e ulteriormente sviluppato da Leon Festinger a metà del XX secolo, questo fenomeno si riferisce alla perdita del senso di individualità e responsabilità che può verificarsi in determinate situazioni sociali.
Nello scenario dei giochi mortali, sia vittime che carnefici sono privati della loro identità personale: le guardie, travestite con tute rosse, i partecipanti ai giochi, identificati da un numero. Ed è proprio a causa della perdita di quest’ultima che si possono verificare delle conseguenze inaspettate.
Solitamente, quando ci sentiamo parte di un gruppo, infatti, tendiamo a riconoscere e a fare proprie le norme sociali del gruppo stesso, ovvero tutte quelle regole implicite o esplicite che definiscono i comportamenti appropriati per i suoi membri, per il desiderio di essere accettati e approvati dagli altri e per ricevere supporto e sostegno nei momenti di difficoltà.
Ma quando queste condizioni vengono meno, ovvero quando si verifica un processo di deindividuazione, in cui l’identificabilità sociale e il senso di appartenenza a un gruppo vengono azzerate, diveniamo meno propensi a sentirci responsabili delle nostre azioni.
Questi aspetti accentuati all’estremo possono portare allo sviluppo di comportamenti aggressivi, impulsivi e persino distruttivi, che difficilmente metteremmo in atto nella nostra vita quotidiana.
Alcuni fattori che più spesso portano allo sviluppo di un processo di deinvidivuazione sono stati identificati da Philip Zimbardo nel suo famoso esperimento della prigione: Simulando un ambiente carcerario all'interno dell'università, Zimbardo assegnò casualmente a un gruppo di studenti il ruolo di guardie e a un altro quello di prigionieri. In breve tempo, le guardie adottarono comportamenti sempre più aggressivi e autoritari, mentre i prigionieri mostrarono segni di stress, sottomissione e disorientamento. L'esperimento, interrotto anticipatamente a causa delle condizioni psicologiche sempre più precarie dei partecipanti, dimostrò come persone normali, poste in una situazione specifica, possano compiere azioni inaspettate e talvolta crudeli.
Questo studio ha suscitato un ampio dibattito sulla natura umana e sull'importanza di considerare i fattori situazionali nell'interpretazione del comportamento individuale. Tra questi, l'anonimato, la diffusione di responsabilità e l'arousal fisiologico possono innescare comportamenti normalmente non riscontrabili nelle persone. In particolare, quando un individuo si sente anonimo all'interno di un gruppo, è meno incline a sentirsi responsabile delle proprie azioni, aumentando così la probabilità di comportamenti impulsivi o antisociali. Inoltre, la presenza di una figura autoritaria o la percezione di una situazione nuova e inusuale possono ulteriormente facilitare questo processo.
In questo modo così l'ambiente anonimo e violento dei giochi di Squid Game contribuisce al processo di deindividuazione, sui partecipanti e sulle guardie coinvolte: la paura della morte e il desiderio di vivere spingono gli individui a compiere azioni che in condizioni normali non avrebbero mai considerato e a prendere decisioni unicamente sulla base della percezione di un vantaggio immediato.
Quello della teoria del costo-beneficio è il modello cognitivo che ci descrive come gli individui prendano queste decisioni valutando i potenziali guadagni (benefici) e le perdite (costi) associati a ciascuna opzione. In sostanza, le persone tendono a scegliere l'alternativa che massimizza la loro utilità, ovvero il guadagno netto tra benefici e costi, come ad esempio ci dimostrano le alleanze temporanee che i giocatori creano durante le sfide mortali, e che nel gioco successivo vengono completamente messe da parte, per ottenere un vantaggio personale.
È importante sottolineare che i costi e i benefici non sono valori assoluti, ma sono percepiti e valutati soggettivamente da ogni individuo. Ciò significa che ciò che rappresenta un costo per una persona potrebbe essere un beneficio per un'altra.
Concretamente, prima di prendere una decisione, le persone effettuano un calcolo mentale, anche se spesso in modo inconscio, per confrontare i costi e i benefici delle diverse opzioni. E per farlo spesso, adottano dei bias cognitivi, cioè delle scorciatoie mentali che il nostro cervello utilizza per prendere decisioni rapidamente, senza dover analizzare ogni singola informazione. Sono dei processi mentali automatici che semplificano la nostra comprensione della realtà, ma che a volte possono portarci a compiere errori di giudizio
L’ obiettivo finale è quello di massimizzare l’utilità, ovvero il guadagno netto tra benefici e costi.
La teoria può aiutare a comprendere perché le persone sono motivate a perseguire determinati obiettivi, valutando i costi associati allo sforzo e i benefici attesi dal raggiungimento dell'obiettivo. E ci viene incontro per spiegare come mai le persone si impegnano in comportamenti a rischio, valutando i costi a breve termine e i benefici a lungo termine: chiunque decide di partecipare ai giochi sia all’inizio, sia ogni volta in cui gli viene consentito di scegliere se proseguire o tornare a casa considera così i propri benefici personali, azzerando i costi previsti per il raggiungimento degli stessi.
E così Squid Game solleva interrogativi profondi, non solo sulla natura umana, ma anche sulla moralità e sulla società. Ci ricorda che l'essere umano è complesso, e pieno di sfaccettature, capace sia di grandi atti di altruismo che di crudeltà inaudita.

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